立2022-11-15 09:32:04回複悄悄話
Sogno di un mezzogiorno d’estate/一個夏日中午的夢
A quel tempo ero ancora un ragazzino di nove anni,
In un mezzogiorno d’estate, seduto in riva al fiume,
All’ombra di un piccolo giuggiolo.
Osservavo un cavallo bianco poco lontano.
Alla luce del sole, serenamente,
Mordicchiavo l’erba imperlata di acqua e
Dei fiori mai visti, piccoli piccoli.
Qualche uccello volava verso nord.
Sotto di me, la terra
Ribolliva del fertile soffio della vita.
Le talpe impaurite scavavano in tutte le direzioni
Le loro case, calde d’inverno e fresche d’estate.
Tutt’intorno si spandeva l’odore di terra.
Proseguendo da qui
Si lasciava a poco a poco l’estiva calura.
Dalla terra gialla,
Strato su strato, emergevano città e villaggi d’un tempo,
Semina su semina, i nostri antenati vissuti lì,
O invece, i nostri acerrimi nemici.
Ora, sotto la terra, non si distingue più niente.
Le vivide voci e i volti abituali, anch’essi perduti,
Diventati - tutti uguali -
Ossi bianchi ammucchiati,
Indistinguibili l’uno dall’altro
(gli archeologi li chiamano fossili).
Vado un po’ più lontano, sì
Un po’ più lontano,
Verso luoghi un po’ più distanti
Dove brucia fuoco e precipita lava.
Oppure si può, lungo l’asse del tempo, andare
Indietro lontano, o forse, tornando all’infanzia,
Arrivare a miliardi di anni remoti,
A quel mezzogiorno d’estate, al melmoso
E maleodorante fiume, alle fabbriche nere di fumo,
Quando il ragazzino, seduto sulla riva brulla del fiume,
Con lo sguardo alla sponda di fronte, immaginava, sognava
Il bianco cavallo, la tenera erba imperlata, i fiori e gli uccelli.
A quell’epoca,
Il sole non si era ancora spento, e la terra gli ruotava intorno.
A quel tempo ero ancora un ragazzino di nove anni,
In un mezzogiorno d’estate, seduto in riva al fiume,
All’ombra di un piccolo giuggiolo.
Osservavo un cavallo bianco poco lontano.
Alla luce del sole, serenamente,
Mordicchiavo l’erba imperlata di acqua e
Dei fiori mai visti, piccoli piccoli.
Qualche uccello volava verso nord.
Sotto di me, la terra
Ribolliva del fertile soffio della vita.
Le talpe impaurite scavavano in tutte le direzioni
Le loro case, calde d’inverno e fresche d’estate.
Tutt’intorno si spandeva l’odore di terra.
Proseguendo da qui
Si lasciava a poco a poco l’estiva calura.
Dalla terra gialla,
Strato su strato, emergevano città e villaggi d’un tempo,
Semina su semina, i nostri antenati vissuti lì,
O invece, i nostri acerrimi nemici.
Ora, sotto la terra, non si distingue più niente.
Le vivide voci e i volti abituali, anch’essi perduti,
Diventati - tutti uguali -
Ossi bianchi ammucchiati,
Indistinguibili l’uno dall’altro
(gli archeologi li chiamano fossili).
Vado un po’ più lontano, sì
Un po’ più lontano,
Verso luoghi un po’ più distanti
Dove brucia fuoco e precipita lava.
Oppure si può, lungo l’asse del tempo, andare
Indietro lontano, o forse, tornando all’infanzia,
Arrivare a miliardi di anni remoti,
A quel mezzogiorno d’estate, al melmoso
E maleodorante fiume, alle fabbriche nere di fumo,
Quando il ragazzino, seduto sulla riva brulla del fiume,
Con lo sguardo alla sponda di fronte, immaginava, sognava
Il bianco cavallo, la tenera erba imperlata, i fiori e gli uccelli.
A quell’epoca,
Il sole non si era ancora spento, e la terra gli ruotava intorno.
Li Xin 29/3/2013
Traduzione di Giuseppe Avino